LE REFOTE  E  LE MOLE

 UN APPROCCIO STORICO

 Prima di noi, Luigi Filippetta (Giggi, per noi) ha provato a sensibilzzare, col suo libretto “Appunti e notarelle moriconesi” , distribuendolo alle maestre di Moricone ed inviandone una copia anche al Sindaco pro tempore. Dopo qualche anno, visto che con “Nui parlemo cucì, e la mia pagina su “Il grillo parlante di Moricone” cercavo di “smuovere” qualcosa, una delle maestre, per la cronaca Pina Milani, mi diede la copia del libretto (dattiloscritto), di Giggi da cui ho potuto sia approfondire certe usanze che certi antichi comportamenti (alcuni mai modificati!); dopo qualche anno Giggi mi mandò il libro edito da Unibook. Pina, consegnandomi il fascicolo disse che sicuramente sarebbe stato più valorizzato. La ringrazio ancora. Questa specie di premessa, per chiarire, quando ci sarà, la dicitura “V. Gi.” si riferisce a “Appunti e notarelle moriconesi”.

Ciò che stiamo facendo, caro Luca,  potrà sembrare esagerato e presuntuoso ma se si analizza bene non è così, trattandosi di, se non il primo, uno dei primi impianti agricolo-industriali d’Italia. Parliamo del 1619; MDCXIX per meglio dire! E sarebbe bene se qulche giovane ne facesse una ricerca con più severa attenzione epistemologica.

Qualcuno ha scritto; “ L’importanza di questo lavoro storiografico non sta tanto nel suo limite territoriale, perché, pur riguardando soltanto Moricone, avrebbe un forte spessore di ricerca storiografica generale. Infatti tale lavoro visto in prospettiva locale avrebbe un significato angusto e quasi risibile. La sua validità  sta invece nella sua estensibilità all’interno del quadro  nazionale ed oltre, addirittura di tutta la civiltà occidentale come elemento della storiografia della prima rivoluzione industriale, di cui è una delle prime testimonianze, se non addirittura la prima in Italia.”(V.Gi.)

QUELLO CHE SAPPIAMO

Oggi, rimane qualche frammento, sparso in varie parti del territorio, da Monte Gennaro allo “Strepparo” (Osteria di Moricone). Ma quelli della mia età ed i nostri genitori ancora di più (e ce l’hanno raccontato) del Condotto, U Cunnuttu, che dalla Mola di Casoli, Monte Gennaro, un condotto d’acqua, passando per Ponte del Diavolo (costruito per il condotto stesso) attraversa la vallata e si poggia sul Monte Matano, u Madamu, lo percorre sopra le attuali Pedicate e all’altezza di Moricone, scende , entrando in un piccolo locale all’inizio di una scalinata la quale muore in un altro condotto però chiuso, che attraversa il paese per arrivare alla prima Refota, ci ricordiamo ancora dei pezzi interi. Il piccolo locale all’inizio scalinata serve per prelevare una porzione di acqua che per mezzo di un condotto, più piccolo, affiancato all’altro, porta l’acqua al Palazzo del Principe. Mio padre si ricordava il condotto ancora quasi integro, anche se l’acqua non passava più; dal 1864 l’acqua ormai arrivava dalla sorgente delle Capore a Montorio Romano. Comunque, in alcuni tratti, sono ancora visibili le due condotte, la scalinata col “gabiotto” e dei tratti di condotto coi mattoni sul Matano, oltre alla Torretta che funge da punto referenziale ma segnava anche il livello massimo raggingibile dall’acqua. La scalinata, oltre che al rallentamento dell’acqua serviva anche per il drenaggio.

Abbiamo detto che le Refote erano più di una; quindi erano collegate con un condotto unico che per travaso una alimentava l’altra, passando per il ritrecine delle mole ed essendo seriali, non interessava se una stesse lavorando o meno.

DISLOCAZIONE DELLE REFOTE

 

(*) SCALINATA  E PONTE (fatto verso fine 1800 per realizzare la strada di Monteflavio)

Ponte del Diavolo  Come è attualmente il mulino di Casoli 

DOVE ERANO DISLOCATE LE REFOTE

LA REFOTA

Tanto per chiarire, visto che non si reperisce tanto facilmente il termine REFOTA  sui dizionari, anche come termine dialettale o regionale, vediamo di definire cosa s’intende per  REFOTA.

  Cominciamo col dire che molti pensano sia un termine dialettale pertanto scrivono “RIFOLTA o REFOLTA“: NIENTE DI PIÙ ERRATO!

L’etimologia della parola potrebbe derivare dal termine latino refodio che vuol dire scavare, disotterrare. PARADIGMA: refodio, is- refodi – refossum – refodere.  Per es. Plinio il Vecchio lo ha usato in Naturale historia:  “… solo quam altissimo refosso – scavato il terreno il più possibile in profondità” .  Ha poi preso  il significato di una fossa, un canale, scavato a fianco di un torrente per aumentarne la portata e quindi un rinforzo al fosso. In alcune zone ha assunto il significato del canale di conduttura e la cisterna che accumulava l’acqua per servire i mulini ad acqua prendendo il nome di REFOTA.  Ma, per me, l’ipotesi  più vicina alla realtà sarebbe che derivi da refundo, is, refusi, refusum, refundere  cioè ridistribuire, rendere.  Infatti lo scopo delle REFOTE (a Moricone ne esistevano, all’epoca, 4 adiacenti all’abitato per i mulini ad acqua ed una in località “Strepparo” [Osteria di Moricone] dove veniva preparata la canapa[1]  per la filatura).

[1] fino agli inizi del 1800 a Moricone si coltivava canapa tessile

  La refota principale, oggi erroneamente e  “sacrilegamente” chiamato giardino azzurro, riceveva l’acqua dalla sorgente di Casoli (monte Gennaro) attraverso una condotta  per ridistribuirla alle altre per alimentare i 4 mulini.

 Quando era il momento di macinare l’addetto, da dentro la casa del custode, tirava la fune B  attraverso il foro A aprendo la saracinesca C

COME DALLE FIGURE

 

 

ESEMPIO DI MULINO

ESEMPIO DI FRANTOIO

 

 

 

ATTUALE (26/11/2011)

Le fotografie sono state scattate dall’autore in data  26/11/2011   e a tutt’oggi la situazione è cambiata di poco. E ciò non tanto per la poca cura al riordino quanto soprattutto ALLA INCIVILTÀ DEI GIOVANI FREQUENTATORI DI QUESTA REALTÀ  STORICA  ABBANDONATA  DA SEMPRE!